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Agostino Barbieri è morto la mattina del 13 agosto 2006.Aveva lasciato scritto, in una nota, di voler essere cremato per “passare per il camino” come i suoi compagni di prigionia del campo di sterminio. L'esperienza del lager aveva segnato profondamente la sua vita.

Orfano di guerra, era cresciuto senza padre. Pur essendo di umili origini,era riuscito a studiare all'Accademia Cignaroli e a conseguire, come privatista, il diploma al liceo artistico.
La chiamata alle armi lo aveva portato sul fronte jugoslavo e, in un secondo momento, a partecipare alla campagna di Russia. Dopo l'8 settembre si era schierato prontamente nel campo antifascista, collaborando attivamente nella lotta partigiana. Arrestato dalle brigate nere nel novembre del '44 era stato trasferito al campo di smistamento di Bolzano, prima, e a Mauthausen, poi.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

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Nelle pagine della sua autobiografia, pubblicata ne 1989, Un cielo carico di cenere troviamo il racconto dettagliato di questo periodo.

La deportazione, la vita nel campo, l'efferata violenza delle SS, il degrado fisico e morale dei prigionieri.

I vivi colori delle sue tele, le linee morbide e curve, le donne, i paesaggi gardesani che vi raffigurava, sono la testimonianza di un riscatto dalla immensa tragedia.
Riscatto ispirato alla consapevolezza della fragilità' delle cose e  degli uomini. I suoi dipinti sono la rappresentazione di una felicita' in bilico, pronta ad essere spazzata via dai capricci della crudeltà umana.
Conscio della responsabilità',insita nella sua condizione, aveva accettato il gravoso compito di essere testimone di questa tragedia.

Il ciclo dei Disegni della deportazione, oggi conservato nella Civica Raccolta d'Arte del Castello Sforzesco di Milano, composto da disegni a china, quasi schizzi nella loro elementarità' e furia del gesto, che, con segni netti e precisi, raccontano gli orrori del lager, è solo una parte del suo immenso lavoro per non dimenticare. Fin negli ultimi anni della sua vita, incontrava i giovani delle scuole per trasmette alle nuove generazioni l'ingrato ricordo attraverso i suoi disegni e le immagini d'archivio di quel periodo,immagini che lui confidava più forti di qualsiasi parola.
L'estrosa personalità',il piacere del dialogo, sempre pronto alla battuta e al riso hanno sempre affascinato chi ha avuto l'occasione di conoscerlo.
Se la sua voce si è spenta,rimane nelle sue opere la testimonianza di un uomo che ha vissuto profondamente gli avvenimenti del suo secolo e il monito semplice, triste e allegro a vivere la vita e a non tollerare mai che genocidi simili a quelli perpetrati dal nazifascismo, o qualsiasi altro tipo di dissennate crudeltà, si ripetano. 

 

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